Samuel Cogliati, giornalista ed editore libero, è uno dei massimi esperti in materia di Champagne e vini di Francia. Divulgatore nel campo del vino, è autore di diversi libri sull’argomento, tra cui Champagne – Il sogno fragile e Champagne. Il sacrificio di un terroir. Leggiamo le sue parole, sempre misurate e precise, sulla Champagne, intesa come area di produzione vitivinicola in senso geografico, e sullo Champagne, inteso come prodotto agro-alimentare frutto della viticoltura e dell’enologia, con le quali introduce le argomentazioni che andrà a trattare sia nei suoi libri che nelle sue serate di degustazione.
La produzione dello Champagne si scosta dalle logiche produttive di altre zone della Francia e possiamo, tranquillamente, parlare di agro-industrializzazione della Champagne (area geografica). Per uno come me che ha sperimentato la produzione, visto le tendenze, vissuto il cambiamento e che si occupa di Champagne da almeno dieci anni (dal 2004 in poi per l’esattezza!) è arrivato il momento di annunciare che è avvenuto (ed è ancora in corso!) un piccolo rinascimento. Dico piccolo perchè è piccolo nei numeri, però dico rinascimento perchè è un approccio e una rivoluzione nella maniera di concepire la viticoltura e la vinificazione (attenzione: ho detto vinificazione e non enologia) che sono un cambio di rotta, molto spesso una torsione a 180°, i cui autori (o meglio fautori!) di questo tipo di piccola-grande rivoluzione sono i piccoli: piccoli e indipendenti. L’indipendenza, che è quella che caratterizza la mia attività divulgativa e la mia casa editrice, ha un prezzo altissimo e rischi grossissimi… non è, perciò, molto allettante per chi la deve praticare. E’ come camminare, ve lo assicuro, senza rete e ciò significa che se cadi ti fai male, tanto. Detto questo esiste una serie di produttori, sempre crescente sia per numero che per convinzione e determinazione, che in Champagne sta mettendo in seria discussione lo status-quo… che sta tentando, un pò per convinzione e un pò anche per opportunismo, di riavvicinare quanto più possibile lo Champagne al vino. So che può apparire un concetto strano, bizzaro o contraddittorio… ma non lo è! Durante il corso che si svolgerà il prossimo anno (Gennaio, febbraio e marzo 2016 presso la delegazione AIS di Cremona/Lodi) affronteremo anche questo aspetto e cercheremo di includere tutta quella che è la, complessa e confusa, realtà dello Champagne. Confusa nel senso che chi acquista, il cliente, e chi beve, il bevitore (non amo il termine consumatore, perchè credo che le cose non si consumano… soprattutto il vino! Il vino si compra e si beve!) hanno bisogno entrambi di più informazioni. Non so se avete mai fatto caso alle etichette dello Champagne… esse danno poche, pochissime, informazioni per far capire e comprendere quale sia lo Champagne fatto bene. Lo Champagne ha una peculiarità: 300 milioni di bottiglie, di fattura diverse, raccolte tutte sotto lo stesso nome: Champagne, per l’appunto. Tutti, ma proprio tutti: dallo champagne più raro e pregiato del piccolissimo produttore il quale di quella cuvée fa 1000 bottiglie l’anno, fino allo Champagne più standardizzato e più di bassa lega che riempie, particolarmente in Francia, gli scaffali dei discount (il quale rappresenta oggi una produzione compresa tra i 4/5 milioni di bottiglie l’anno!), tutto totalmente eterogeneo raccolto sotto lo stesso nome: CHAMPAGNE. E’ per questo che i produttori (sia le grandi maison che i piccoli) che vogliono puntare in maniera determinata sulla qualità imbufaliscono quando vedono una bottiglia con su scritto CHAMPAGNE a 9,99 € sullo scaffale di un supermercato. Ci sono e vi assicuro che a prima vista, magari durante una degustazione superficiale e distratta, possono pure trarre in inganno sulla qualità di quella bottiglia. A me l’hanno fatto! A me hanno fatto la prova di servirmi alla cieca un calice di un vino del genere dicendomi: dimmi cos’è e che cosa ne pensi?. Io risposi che secondo me era champagne e ne pensavo discretamente, direi benino (temperatura di servizio e degustazione 4°C). Sette minuti dopo ne pensavo un po’ meno bene… e dopo quindici minuti ne pensavo ancora meno bene di prima. Era uno Champagne a 9,99 €, eppure il mio primo approccio (che non sono esattamente novello in materia!!!) era stato abbastanza comprensivo.
Il corso che inizierà a Gennaio quindi cercherà di affrontare sia il la grande che la piccola produzione: la seconda e la terza lezione in particolare avranno come sottotitolo: LA DIMENSIONE ARTIGIANALE. E’ mia personale convinzione che la parte più interessante della produzione del mondo dello Champagne, sia legata a questa logica di riconquista di uno statuto di vino a pieno titolo: vino a 360°… il più vicino possibile alla terra e alla materia prima.
Dico questo perchè molto spesso, quasi sempre, per dire prodotto i francesi usano il termine Elaborée… questo non è un verbo scelto a caso in quanto lo champagne è un prodotto estremamente elaborato e complesso. Alcune di queste fasi sono inevitabili, pertanto regolamentate sia dalla normativa che dall’esperienza e dalla tradizione. Però, e concludo, c’è modo e modo per ottenere e produrre un vino che parta dalla vigna (supporto geologico) per arrivare al bicchiere da bere e degustare. La degustazione alla cieca, dal punto di vista dell’apprendimento e della didattica, è molto più interessante e ci aiuterà a capire meglio questo mondo. Facciamolo insieme!